
....la maleducazione è il meno, il fatto che sia un’assassina non la preoccupa per niente?” chiese al vento, il soldato non avrebbe mai risposto ad una domanda di quel genere, “dì al tuo …. generale che attendo lei ed il re dell’isola questa sera sul tardi, sarà l’unico momento di pace all’interno del castello e non ci saranno occhi estranei a testimoniare il nostro incontro, fai presente che se proveranno ad avvicinarsi alla mia gola, li eliminerò all’istante con infinito piacere … fuori da qui!!!” gridò come un folle, non riuscendo più a contenere la rabbia per dover sottostare alla volontà della gitana.
Alara tirò un sospiro di sollievo, fortunatamente Morvan decise d’ascoltare le ragioni del suo avversario prima di scatenare una rappresaglia dannosa per ambo le parti, se pur arrabbiato ed addolorato per la realtà che stava vivendo desiderava con tutto se stesso svelare il mistero della morte dell’amico e Maya era l’unica che potesse aiutarlo.
“Alaraaaa!!”
“Sono qui, la smetti di urlare mi hai fatto scoppiare un mal di testa tremendo, sono convinta che il soldato fuggito come una lepre sia in qualche taverna ad ubriacarsi per ringraziare il cielo di essere ancora vivo e soprattutto con l’udito ancora funzionante”.
“Hai finito?”
“Si”.
“Voglio Stevan in questa sala in meno di dieci minuti … manda qualcuno a prenderlo”.
“Vado io, ho bisogno di un po’ d’aria, desideri che ti prepari la veste regale per l’’appuntamento di questa sera?”
“Perché?”
“Non saprei, credevo ti volessi presentare al meglio di fronte al generale delle armate di St. Kildraw …. ed al padre, ovviamente ….” rispose con finta ingenuità la nutrice.
“Alara ti stai approfittando troppo della mia pazienza …” ringhiò il re.
“Non hai risposto ….”.
“La veste regale può andar bene … grazie” e la guardò truce uscire dalla stanza con un sorriso fastidioso distenderle le labbra, “ e comunque lo faccio solo per protocollo!!”, le urlò dietro per mettere un punto al discorso.
Stevan si presentò puntuale al richiamo dell’amico e, davanti a due boccali di vino accompagnati da carne affumicata, ascoltò ciò che Morvan aveva in mente di svelargli da alcuni giorni, alla fine del racconto consegnò il documento al ragazzo che, con mani tremanti ed occhi lucidi, lo prese in consegna leggendone il contenuto.
“La firma non è di Ruvon e nemmeno la scrittura della lettera”, dichiarò infine, il tono duro della voce preannunciava una tempesta emotiva che si sarebbe scatenata nel giro di pochi minuti se Morvan non avesse preso in mano le redini del discorso.
“Ero convinto che fosse un falso e con la tua sicurezza nell’accertarlo mi hai dato un’arma in più da usare contro la signorina che incontrerò questa sera. Confido che terrai lo bocca chiusa con chiunque sul confronto che avverrà a breve, non desidero tu sia presente, il dolore che provi ora potrebbe essere un cattivo consigliere e farti agire sconsideratamente di fronte alla delegazione di St. Kildraw. Ti prometto che l’onore di tuo fratello sarà vendicato al più presto”.
“Mi fido di te, ma se non mi reputerò soddisfatto dall’esito del vostro colloquio, non potrò far altro che agire per conto mio”.
“Non ce ne sarà bisogno e non permetterò che ti macchi le mani con degli omicidi inutili, consegneremo i colpevoli alla giustizia e se dovranno morire, sarà tramite una sentenza legittima …. Ti posso garantire che le prove che porteremo non potranno che condurre a quella fine, alcune teste cadranno”.
“Lo spero Morvan, è l’unico pensiero che mi permette di arrivare alla fine di ogni mia giornata sano di mente …. Mi manca il suo sguardo irriverente sulla vita, i consigli, le ore passate a confidarci, era come un padre ed ora ho solo un documento falso tra le mani che ha condannato irrimediabilmente una persona buona all’oblio …”
“Lo so … Stevan …. Lo so. Promettimi che ti comporterai bene e che sarai degno del cognome che porti”.
“Te le prometto …. Sire” e finalmente un lieve sorrise salì a colorargli gli occhi ed il viso, “ora vado, questa notte ho il turno alla Torre. A domani Morvan, attendo tue notizie … buone notizie” e se ne andò senza aspettare altre risposte dall’amico.
“Buon lavoro ….”, rispose alla porta ormai chiusa il re e stanco si buttò sul trono, prendendosi la testa tra le mani per radunare i pensieri che si agitavano in libertà dietro la fronte corrucciata ... “che cosa mi sta capitando, sono quasi contento di vedere la zingara ….. è la solitudine che provo da quando non ho più te amico mio che non mi fa ragionare, ssssiii …. dev’essere così …. È solo confusione, o forse paura di affrontare il mio matrimonio, paura di perdere la libertà a cui ho dato gli strani colori di quell’assassina …. Mi passerà, sono un re e farò il mio dovere …. Fino in fondo, lo devo a Ruvon, a Stevan ed anche a me stesso, non riuscirei più a guardarmi allo specchio se non consegnassi il colpevole alla giustizia … e la colpevole sei tu …. Maya”. Le uniche emozioni che accompagnavano quella girandola di parole erano la tristezza per il passato ed il rimpianto per un futuro che non avrebbe mai vissuto.
Con quello ed altri pensieri pesanti che, come macigni gli opprimevano il cuore spezzandone i battiti, visse le ore che lo separavano dall’incontro con la donna, sino a che il giorno lasciò il posto al freddo della sera e poi al buio della notte.
Continua ………………
Pubblicato da ANEA MORELL a 11:03
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